Descrizione
L’origine risale a metà del ‘600, quando Giuliano Cesarini, figlio del duca Giangiorgio, decide di aggiungere al primo nucleo medioevale un sistema di triangolazioni di strade con lo scopo di unire Piazza Dante, la chiesa dei Cappuccini, Palazzo Sforza Cesarini e il duomo vecchio. Elementi bucolici all’interno di un contesto urbano moderno, rappresentano un itinerario incantevole che cambia colore in ogni stagione dell’anno.
Attualmente è pedonalizzato il tracciato centrale, da piazzale Brennero a piazza D. Alighieri.
Le Olmate rappresentano per Genzano il principio di distinzione indubbiamente più evidente della sua identità urbana. Più che i singoli monumenti, infatti, è proprio il disegno urbano complessivo, almeno per ciò che riguarda la città storica, ad esprimere un’impronta decisiva e permanente dei caratteri dello spazio urbano e che, come sottolineato dai numerosi studi a carattere storico, fanno di questa città un esempio prestigioso nel panorama non soltanto laziale.
L’origine delle Olmate risale, come è noto, a metà del ‘600, quando in alternativa ad una precedente villa in costruzione dal 1629 circa ad opera del Duca Giangiorgio Cesarini, nell’area di quella che un tempo era la Villa degli Antonini, il figlio Giuliano realizza i viali alberati con una organizzazione spaziale a tridente.
Gli storici del tempo definivano le Olmate come una Villa.
L’idea di tracciare dei viali rettilinei che congiungano luoghi significativi della città non è nuova. Essa riporta ad esperienze tardo-cinquecentesche romane, dal celebre piano sistino, alla villa Montalto, sempre a Roma di Domenico Fontana ed alla villa Aldobrandini a Frascati. Né, evidentemente, la figura del tridente viario è una novità, considerati proprio gli ultimi due esempi citati. Ma l’originalità di Genzano consiste nell’assumere la struttura reale del paesaggio circostante ed elevarla a sistema, proprio attraverso l’intreccio di assi viari e costruzioni prospettiche (il rilievo di Monte Due Torri, la collina di Colle Pardo, la Chiesa dei Cappuccini, il fondale del Palazzo Sforza Cesarini). Il punto di vista, come è tipico della sensibilità artistica e culturale propriamente barocca, è il principio di organizzazione spaziale. Il punto di vista organizza il territorio e lo mette in scena, elevandolo a sistema. Verrebbe da dire che la Villa non sono le Olmate in se stesse, ma è il territorio circostante che appare nelle sembianze di una Villa attraverso l’espediente delle Olmate.
I viali alberati sono il dispositivo attraverso cui il paesaggio si presenta come sistema intelligibile nelle sue reciproche relazioni. Ne consegue l’acquisizione più originale e rilevante che vede nell’impianto urbano di Genzano una dilatazione a scala territoriale dei principi di costruzione della villa storica.
La funzione storica ed il ruolo urbano delle olmate è, ancora oggi, quello di tenere insieme porzioni del territorio cittadino ormai internamente differenziate, mediante una figura urbana unificatrice dai caratteri omogenei. Dalla città compatta sette-ottocentesca, alla città estensiva dei primi decenni del ‘900, agli insediamenti intensivi del secondo dopoguerra.
La storia
Nel 1638, Giuliano Cesarini (1618 - 1665) ordina alla comunità di Genzano di “far la piazza fora del portone e metter l’olmi per la strada". In tal modo al primo ed originario nucleo, costituito dal complesso di case disposte all’interno del recinto murario fortificato, si contrappone, alla metà del XVII sec., una concezione urbana programmaticamente antitetica allo spazio chiuso ed introverso della città medievale, espressione di una nuova urgenza culturale: proiettare sul territorio i principi di un nascente ordine sociale ed economico, opponendo all'antica chiusura urbana un sistema aperto e policentrico, come metafora di una nuova condizione esistenziale.
Tra la fine del sec. XVII e l'inizio del XVIII, venne completato un secondo tridente a carattere urbano, che si innestò all'interno di quello più vasto, a carattere paesaggistico, costituito dalle Olmate (stradoni fiancheggiati da olmi). Furono Donna Livia insieme allo zio Filippo, i principali artefici che portarono a termine nel 1708 la costruzione di Genzano Nuova, impiantata sul precedente sistema di triangolazioni, secondo il piano ideato da Giuliano.
I riferimenti culturali e simbolici alla base delle olmate sono evidenti, quanto importanti e rimandano evidentemente, secondo la sensibilità del tempo, all’intreccio natura-artificio e all’allusione a componenti della storia e dei miti locali (la triforme natura della dea Cynthia-Diana, divinità del Nemus aricinum);
Questo particolare impianto urbanistico, fu coordinato con tutta probabilità da alcuni noti architetti romani del periodo, tra cui il Peparelli, il De Rossi, il Mattei e, infine, Ludovico Gregorini. Un impianto innovativo per l'epoca, caratterizzato da un duplice trivio (tridente olmato e tridente edificato), che suscitò anche l'ammirazione di molti artisti del tempo, tra i quali Carlo Maratta, che qui si stabilì e risiedette per diversi anni.