Il contribuente può trasmettere all’ufficio competente una semplice domanda in carta libera contenente un’esposizione sintetica dei fatti e corredata dalla documentazione idonea a dimostrare le tesi sostenute.
Nella domanda occorre riportare:
- l’atto di cui si chiede l’annullamento;
- i motivi che fanno ritenere tale atto illegittimo e, di conseguenza, annullabile in tutto o in parte.
I casi più frequenti di autotutela si hanno quando l’illegittimità deriva da:
- errore di persona;
- evidente errore logico o di calcolo;
- errore sul presupposto dell’imposta;
- doppia imposizione;
- mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti;
- mancanza di documentazione successivamente presentata (non oltre i termini di decadenza);
- sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
- errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
L’annullamento dell’atto illegittimo può essere effettuato anche se:
- il giudizio è ancora pendente;
- l’atto è divenuto ormai definitivo per decorso dei termini per ricorrere;
- il contribuente ha presentato ricorso e questo è stato respinto per motivi formali (inammissibilità, improcedibilità, irricevibilità) con sentenza passata in giudicato.
L’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti ad esso consequenziali (ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento infondato comporta l’annullamento della conseguente iscrizione a ruolo e delle relative cartelle di pagamento) e l’obbligo di restituzione delle somme riscosse sulla base degli atti annullati.
ATTENZIONE: Poiché l’autotutela è per l’Amministrazione una facoltà discrezionale, la presentazione di un’istanza non sospende i termini per la presentazione del ricorso al giudice tributario. Pertanto, è necessario prestare attenzione a non far trascorrere inutilmente tali termini.